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Freeganism: rovistare tra i rifiuti in nome di un ideale

domenica 28 maggio 2006
di Davide Pompei
In Gran Bretagna prendono d’assalto i bidoni dei rifiuti, si gettano sugli avanzi come avvoltoi famelici. Ma non sono disagiati, né senza tetto. Anzi. Professionisti, studenti, intellettuali, casalinghe, operai, pensionati e manager convinti di boicottare il mercato globale. Non comprano cibo al supermercato, lo raccolgono frugando nelle discariche. Non perché non abbiano i mezzi, ma per una convinzione ideologica. Frugano nella spazzatura non per fame, ma in nome degli ideali base del “freeganism”. Questo curioso movimento nasce negli Usa qualche anno fa e sta diventando un fenomeno di massa in Gran Bretagna. I riferimenti culturali sono quelli del celebre no-logo e dell’antiglobalizzazione. Il “libero vegano” non mangia alimenti che provengono da animali e sfida la società del consumismo e un sistema economico nel quale “il profitto ha oscurato qualsiasi considerazione etica”. Ogni anno vengono gettati da supermarket, ristoranti, panifici, bancarelle 17 milioni di tonnellate di alimenti che non sono affatto marci o avariati e possono sfamare migliaia di persone. A volte si tratta di cibo scaduto, ma loro giurano che mangiare freegan non fa male alla salute, dato che la data di scadenza non è mai quella indicata sulle confezioni. Alcuni restano scandalizzati da queste orde barbariche, dallo scompiglio famelico che gli “anarchici delle zucchine” creano, altri meno scettici trovano curioso questo nuovo approccio di gruppo al cibo, che prevede appostamento preventivo e recupero degli scarti, appropriandosi solo di ciò di cui si ha bisogno per lasciare il resto agli altri perché “i bidoni possono riservate deliziose sorprese”. Ogni anno una famiglia americana butta via 600 euro e anche in Italia i numeri dello spreco alimentare sono impressionanti. Secondo i dati raccolti dall’Università di Bologna finirebbero nella spazzatura 1500 milioni di euro di sostanze alimentari l’anno, 250 milioni solo di pane (ogni giorno 500 mila panini vengono gettati in ogni grande città del settentrione). Un solo ipermercato di 6500 metri quadrati elimina annualmente circa 140 tonnellate di generi alimentari invenduti, gli ipermercati scartano ogni anno più di 50 mila tonnellate di cibo ancora commestibile, quanto basta a fornire dai 26 ai 70 milioni di pasti l’anno. Forse rovistare tra i rifiuti è eccessivo ed estremo, ma ridurre gli sprechi no.

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