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Andare in Kosovo per riscoprire il valore della vita.

mercoledì 20 febbraio 2002
di Giuliano Santelli
Difficile non è partire contro il vento Caso mai senza un saluto"

L'aereo impiega meno di 2 ore per riportarci a casa, ma è come fare un viaggio nel tempo, passando dagli anni 40 al 2002. E' difficile mettere in fila le emozioni e le sensazioni provate in questi giorni. Ti senti pieno e svuotato allo stesso tempo, certo, sarà impossibile dimenticare ciò che abbiamo visto, toccato. La guerra non lascia solo il dolore e la distruzione, (una delle cose più agghiaccianti che ci hanno detto è che a distanza di anni ci si ricorda ancora dell'odore dei morti), rompe ogni vincolo di solidarietà di umanità, di "naturale" comprensione. Visto dal Kosovo quello che accade da noi sembra così poco grave ed inutile, sappiamo che non è così, tuttavia i parametri di valutazione e le priorità mutano completamente. In Kosovo mancano i fondamentali delle vita. Casa, affetti, ma, sopra ogni cosa l'impossibilità di pensare e progettare un tuo futuro. Con Omero e Franco pensiamo ai nostri problemi locali, all'assurdità, quasi all'avanspettacolo che si da polemizzando sulle quisquiglie. Omero ci dice delle telefonate di mamme che si arrabbiano perché la scuola è fredda sotto i 18 gradi, o che la pasta delle mensa è scotta, o che la fermata dello scuolabus a 100 metri da casa è troppo distante. Franco, che qualche situazione difficile nella vita da uomo di cantiere l'ha vissuta, ci dice che mai aveva trovato una simile condizione. Io penso ai bambini come mia figlia Marta, 6 anni, che per andare a scuola devono fare dai 4 ai 10 chilometri a piedi. Nessun moralismo, niente demagogia, semplice considerazione; se loro stanno così non dipenderà un pò anche da noi? Quanto dura mediamente la nostra commozione di fronte alle tragedie, alle guerre, dieci, quindici minuti? Il tempo di un primo ed un secondo? Non so cosa potremo e sapremo fare per le tante persone che abbiamo conosciuto. Siamo arrivati qui in Kosovo, presso la caserma dei paracadutisti della Folgore di Gjacova, pieni di prevenzioni e stereotipi sui soldati guerrafondai, sulla loro tradizione tutta virile e macha. Torniamo, o almeno io torno, con una ben altra immagine e valutazione. Il Tenente Colonnello Salucci, il Maggiore Grezzi, il Capitano Giuffrida, che sostituirà il Colonnello Salucci per i rapporti con la popolazione, i ragazzi delle scorte e l'orvietano di Bardano caporal maggiore Bissichini, ci hanno mostrato un'altra faccia dell'Esercito. Qui, il nostro contingente si è distinto, non solo per la professionalità e la capacità operativa, ma in modo particolare per la sua funzione di "riconciliazione", di "pacificazione" tra Kosovari ed i pochissimi Serbi rimasti. Il nostro contingente ha censito ogni villaggio, ricostruito le anagrafi, i Serbi avevano portato via tutto, hanno ricostituito livelli minimi di rappresentanza democratica attraverso i capivillaggio, hanno favorito i rapporti tra le O.N.G. e le associazioni locali, fatto assistenza sanitaria e distribuito aiuti umanitari. Sono due anni che in questo territorio si cerca di ricostruire un governo, un riferimento certo anche per le future ed eventuali partnerschip. Il Tenente Colonnello Salucci è un paracadutisti, ha prestato servizio anche presso la SMEF di Orvieto, abitata a Baschi, ex giocatore di rugby. Corpo massiccio, andamento imponente, cintura nera di judo. Chi si aspetterebbe mai da un "guerriero" così emozione e commozione. Roberto è soprattutto un uomo, che pur avendo partecipato ad altre missioni questa volta ha avuto un coinvolgimento totale dell'anima. E' al quale dobbiamo il maggiore ringraziamento per averci coinvolto in questa avventura. Il "guerriero" lo abbiamo visto piangere, commuoversi nel salutare Sahit, Ismet, Xafer, Gjon, Bajaram e tutti gli altri capivillaggio. A lui si deve il coinvolgimento dell'Associazione 27 aprile, una O.N.G. locale con la quale abbiamo lavorato sul posto. Una O.N.G. che si occupa in particolare dei dispersi e degli orfani. Con Lui ci siamo assunti l'impegno, congiuntamente al Sindaco di Baschi Isauro Grasselli di ospitare il prossimo giugno 20 bambini Kosovari ed i loro accompagnatori nel nostro territorio. Insieme a Lui cercheremo di costruire azioni piccole ma concrete di solidarietà con alcune realtà come la scuola di Schemeret. Nei giorni scorsi ho provato a dare l'idea di ciò che accadeva anche attraverso le frasi di Fabrizio De Andrè, concluderei queste mie corrispondenze dal Kosovo con un altro cantautore, meno intellettuale, più leggero,ma ugualmente efficace. "E' un mondo difficile, vita intensa dal futuro incerto." Arrivederci, Nate Nemir